Cieli movimentati: le turbolenze di alta quota

Per turbolenze si intendono dei movimenti sussultori e vibratori durante il volo di un aereo, causati dalla presenza di correnti d’aria presenti ad alta quota che alterano l’andamento lineare del velivolo.

Veri e propri scossoni di varia entità e direzione che sembrano scuotere e far perdere quota al mezzo, destando comprensibilmente la preoccupazione dei passeggeri.

Dato il sempre maggior numero di aerei che sorvolano i nostri cieli e considerati anche i continui ed improvvisi cambi climatici, oggi il rischio di imbattersi in eventi del genere sembra più elevato rispetto al passato.

Tre diverse tipologie

Nel linguaggio usato nel mondo dell’aviazione, quando si viaggia ad alta quota, esistono tre tipi di turbolenze che si differenziano per cause, effetti e modi di risolverle. La turbolenza può essere causata da condizioni atmosferiche avverse come piogge o temporali, eventi che possono essere delineati e previsti con largo anticipo.

È per questo che, la suddetta tipologia detta turbolenza convettiva, può essere semplicemente evitata dal pilota con una modificazione della rotta che non avviene con movimenti bruschi che possono pregiudicare la qualità del volo e la salute delle persone a bordo.

La turbolenza più comune e quella che solitamente accade nei voli è la tipologia chiamata Cat, che è generata da correnti d’aria improvvise dette tecnicamente Wind Shear che si muovono in direzione verticale generando una diminuzione della velocità ed un cambiamento delle direzioni dell’aereo.

Per finire, abbiamo la terza tipologia di turbolenza, che accade in presenza di grandi catene montuose e a causa di venti e nuvole solitamente presenti a ridosso delle stesse.

Niente paura

Le scoperte nel campo dell’informatica e della tecnologia hanno apportato dei benefici sullo studio e sulla previsione degli eventi atmosferici avversi e quindi anche sulla qualità dei voli.

Oggi è sempre più facile e possibile individuare la presenza di turbolenze ed elaborarne l’evoluzione, l’entità e la forza. Infatti una turbolenza può essere leggera, se causa solo modici movimenti dell’aereo, o moderata, la cui intensità è maggiore ma sicuramente gestibile e non preoccupante.

Quasi mai si assiste ad una turbolenza più forte di quella moderata, salvo casi eccezionali caratterizzati da sollecitazioni violente che causano i cosiddetti modelli severe o extreme. A differenza da cosa si possa pensare a da quelle che sono le normali reazioni di chi le vive, le turbolenze sono eventi normali, fenomeni passeggeri destinati a non arrecare nessun danno all’aereo, veicoli dalla struttura solida che resistono ad ogni forma di evento atmosferico.

Sono senza dubbio delle situazioni anormali che arrecano disturbo ma che non hanno conseguenze gravi. Un problema quindi normale agli occhi dei piloti, abituati a gestirle con la massima calma e professionalità.

Nella maggior parte dei casi, quando la turbolenza viene localizzata con largo anticipo, basterà deviare la rotta di qualche chilometro per continuare un viaggio tranquillo.

Al contrario, nel caso in cui la turbolenza è improvvisa, sarà sufficiente una semplice riduzione della velocità, evitare di compiere manovre azzardate e ricordare ai passeggeri di tenere allacciate le cinture di sicurezza per evitare spiacevoli conseguenze. 
Niente paura, siamo in buone mani.

Europa culla della cultura: la notte europea dei musei

La Notte Europea dei Musei è un evento culturale che prevede l’apertura dei musei e dei luoghi storico-culturali di un’area fino a sera o, in alcuni casi, fino a tarda notte. I visitatori hanno l’opportunità di sfruttare le bellezze europee pagando solitamente un prezzo simbolico, sostanzialmente inferiore al normale costo d’ingresso richiesto durante l’anno.

È un’iniziativa che è presente in tutto il mondo e che è stata introdotta in Europa nel 1997 quando la prima Notte dei Musei fu organizzata in Germania, nello specifico nella capitale Berlino. Un evento singolo e singolare che suscitò il grande interesse dell’opinione pubblica.

Infatti, successivamente, altri Paesi seguirono il modello tedesco organizzando iniziative simili che erano però autonome ed indipendenti tra stato e stato. Il ministro della comunicazione e della cultura francese riprese l’idea nel 2005 e la intitolò la Notte Europea dei Musei.

Da quell’anno, l’iniziativa si è allargata così in tutta il continente ed oggi vede la partecipazione di circa 50 paesi ed oltre 120 città europee che celebrano annualmente la Notte dei Musei in una data fissa per tutti.

Non musei secondari o musei da riscoprire e rivalutare, ma i migliori in assoluto sul panorama europeo, Museo del Louvre di Parigi, British Museum di Londra e Museo Reina Sofia di Madrid inclusi.

Non solo musei

Quest’anno la Notte Europea dei musei si è svolta il 21 maggio scorso e ha visto la partecipazione anche dell’Italia che può vantare di un patrimonio artistico assolutamente di prima fascia.

Ogni anno, durante tale notte, musei statali e comunali, gallerie d’arte e monumenti restano aperti di media fino a mezzanotte salvo alcune eccezioni che si prolungano fino alle due del mattino.

Il programma non prevede soltanto mostre e musei, ma è inserito in un contesto culturale ed artistico più ampio che comprende anche spettacoli musicali dal vivo, spettacoli teatrali, intrattenimento, percorsi a tema e visite guidate.

Il ministero della Cultura provvede ogni volta a fornire una lista delle strutture che aderiscono, l’orario in cui sarà possibile visitarle, la modalità per raggiungerle e naturalmente il prezzo, che varia dall’uno ai cinque euro per i musei più importanti.

Orgoglio nazionale

Una giornata, o meglio una nottata, insolita che ha lo scopo di avvicinare tutti i cittadini verso l’arte e verso la cultura della propria nazione. Un’iniziativa rivolta in particolare ai giovani, rei di considerare i musei come luoghi noiosi e tristi che hanno in questo modo l’opportunità di guardare al patrimonio artistico sotto un’altra lente.

Una lente nuova e moderna che i ragazzi italiani sono chiamati ad indossare. Per raggiungere questo obiettivo gran parte dei musei sono completamente gratis per tutti i cittadini europei fino ai 25 anni.

Dalla Pinacoteca di Brera a Milano alla Galleria degli Uffizi di Roma, dal Museo Archeologico di Torino alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea a Roma. Da nord a sud, per innamorarci e per andare fieri di un Paese, l’Italia, dove spesso negatività e superficialità oscurano eventi di primo livello come la Notte Europea dei Musei.

Un problema in meno: ritrovare le chiavi con facilità

È il più grande dei classici. Stai per uscire, sei è già in ritardo di un’ora , tutti ti stanno aspettando ma non trovi le chiavi. Oppure stai tornando a casa, sei pronto ad aprire la porta ma non c’è verso di trovare le chiavi nella tua borsa o nelle tasche dei tuoi pantaloni.

Sono queste le situazioni più comuni che capitano frequentemente a tutti e che ci fanno perdere non solo molto tempo, ma soprattutto la pazienza. Il non ritrovamento delle chiavi è però un problema che potrebbe essere risolto brevemente.

Non servirà più attaccarsi le chiavi al collo con quei lacci ingombranti: sembra infatti che la tecnologia ci darà una mano con questo nuovo dispositivo chiamato Filo, il keyfinder o più comunemente il ritrovatore di chiavi.

Si tratta di un piccolo portachiavi quadrato che contiene un software ricoperto da una plastica di diverso colore dalla dimensione di 3,8 cm per lato per uno spessore di 6 millimetri.

Leggero e facile da usare, il tutto Made in Italy

Questo portachiavi, ideato e prodotto in Italia, va semplicemente attaccato al mazzo di chiavi ed il gioco è fatto. Tutto ciò che devi fare per poter utilizzare Filo dopo averlo acquistato, è scaricare la App che è compatibile sia con Iphone che con telefoni Android dal modello 4.4 in poi.

Non puoi collegare Filo a più smartphone, ma solo ed esclusivamente ad un dispositivo mobile. L’applicazione ti consentirà infatti di gestire e monitorare la posizione delle chiavi in caso di perdita.

Quando questo accade infatti, potrai consultare la mappa fornita sul tuo smartphone, e ritrovare finalmente la chiave. Ma mano che ci si avvicina alla posizione reale dell’oggetto che si sta cercando, la schermata del telefono, da rossa, si trasformerà in verde indicandoci che ci stiamo avvicinando al ritrovamento.

Filo assicura una copertura di 100 metri e quando le chiavi non saranno reperibili entro questa distanza, vi saprà indicare l’ultimo punto in cui sono state rilevate.

Non solo chiavi: Filo trova il telefono

Tecnicamente l’innovativo dispositivo utilizza una connettività Bluetooth a basso consumo che consente di lasciare Filo sempre collegato al telefono senza però consumare troppa batteria.

Quest’ultima, è un modello avanzato chiamato CR2016 e può durare fino a più di un anno prima di essere sostituita con una nuova, dal prezzo contenuto. Tutti gli aggiornamenti del software del dispositivo sono inoltre ricevuti direttamente da esso, senza che l’utilizzatore debba sostituirlo.

Filo, può essere acquistato sul sito ufficiale di questa azienda italiana, o lo si può trovare facilmente online ad un prezzo che si attesta sui 30 euro. Filo può anche essere utilizzato per altri tipi di oggetti a cui teniamo: dal portafogli alla custodia del computer, dallo zaino o sugli occhiali.

Filo inoltre funziona anche nella direzione opposta. Se abbiamo con noi le chiavi con il dispositivo ma non troviamo più lo smartphone, attraverso un pulsante da premere si potrà far suonare e ritrovare il telefono.

Non solo in fabbrica: i pallet in casa

Pedana, bancale o più semplicemente nel linguaggio internazionale pallet. Indipendentemente da come lo si voglia chiamare, questa struttura in legno nasce in ambito industriale come base per appoggiare ed immagazzinare merci e materiali che venivano poi trasportati tramite dei carrelli grazie allo spazio presente tra le due superfici del pallet stesso.

Ultimamente queste piattaforme stanno avendo un enorme successo in altri campi, differenti da quello della movimentazione delle merci nelle industrie.

Infatti, grazie alla sua resistenza e alla sua duttilità, i pallet sono i protagonisti di un’opera di riciclo attraverso la quale vengono trasformati in oggetti utili per la casa o per la nostra vita in generale. Inoltre i pallet sono anche prodotti eco-sostenibili, economici e facili da trovare sul mercato in qualunque posto viviate.

La sicurezza al primo posto

Quando si ricicla un pallet bisogna solo tener conto di alcuni accorgimenti, utili principalmente per la nostra salute. Sarebbe importante infatti conoscere da dove il pallet viene, da chi è stato utilizzato e soprattutto è stato trattato con delle sostanze dannose.

Infatti in alcuni casi sui pallet viene applicata una sostanza chiamata brumoro di metile, pesticida nocivo per la salute e per l’ambiente, il cui uso è riportato sul pallet stesso con la sigla MB.

Questo problema può essere facilmente risolto affidandosi ad un’azienda che produce pallet o rivolgendosi ad aziende del luogo, per essere sicuri che il pallet che andiamo a riciclare sia pulito e sicuro.

I pallet normalmente usati e quelli che si possono reperire più facilmente sono definiti pallet EUR e hanno una dimensione di 120 cm come lunghezza per 80 cm di larghezza; a questi si affiancano i pallet chiamati Philips che invece sono un po’ più grandi non intermini di lunghezza ma di larghezza misurata in 100 cm.

Inoltre, prima di iniziare a riciclare e a lavorare sul pallet, sarebbe meglio intervenire con della carta vetrata sulla sua superficie per levigarla ed evitare di farsi male con delle schegge, e trattare il pallet stesso con della vernice impregnante che assicura la conservazione del legno contro gli anni e gli agenti atmosferici.

Soluzioni per tutti i gusti

Le soluzioni sono molteplici e dipende da dove vogliamo impiegare il pallet. Se consideriamo l’arredamento esterno, i pallet possono diventare portabici, portavasi, divani, tavolini a terra, altalene, sedie e magazzini per gli attrezzi.

Si potrà perfino ricavare un barbecue usando dei pallet: basterà in questi casi scomporre il pallet per poi ricomporre le sue basi a nostro piacimento e aggiungere delle rotelle in modo da poterlo spostare e metterlo nel punto del giardino che preferite.

Se invece li vogliamo destinare ad uso interno, il pallet sarà utile per creare poltrone, sedie, comodini, doghe per il materasso, scaffali porta bottiglie, appendi panni, librerie, appendiabiti, portachiavi e portafoto.

Le soluzioni più moderne ed innovative vedono la creazione di cucine ad isola, dove i pallet sono l’appoggio sia per il lavandino sia per il piano cottura. In alcuni Paesi, si sono anche sperimentate delle case fatte interamente con i pallet, che chiunque può affrontare in termini di spesa e di costruzione. Di fronte a tutte queste soluzioni ed opportunità non ci resta che munirci di creatività e fantasia e riciclare il nostro pallet.

Donatori di sangue: per noi e per gli altri

Il sangue è un componente liquido di colore rosso che, scorrendo nei vasi sanguigni, assicura quelle importanti funzioni che il corpo umano necessita per vivere. Presente nel nostro corpo per una misura pari circa all’otto percento, la sua importanza ed il grande valore derivano anche dal fatto che non può essere riprodotto chimicamente ed artificialmente.

Il sangue trova impiego in diversi ambiti e per ragioni differenti. È richiesto in molte operazioni chirurgiche attuate dopo traumi come incidenti, è necessario come supporto in caso di problemi di anemia ed è fondamentale per pazienti malati di leucemia o persone che si sono appena sottoposte a terapie anti tumorali.

Quindi, dato il suo ampio uso nell’ambito medico e chirurgico, la donazione del sangue diventa vitale per far fronte al fabbisogno richiesto. Donare il sangue non è un obbligo ma è una scelta, una decisione matura e saggia di chi, controllando la propria salute, aiuta al tempo stesso qualcun altro.

Donare il sangue è un diritto

Ogni persona può potenzialmente rappresentare un donatore di sangue. Basterà avere tra i 18 ed i 60 anni, essere una persona con uno stile di vita sano, stare in forma fisicamente ed avere un pesò superiore ai 50 chilogrammi.

Colui che si offre di donare sangue verrà sottoposto a delle visite e test specifici che accerteranno l’assenza di malattie infettive come l’AIDS o l’epatite virale, che se presenti, possono essere trasmesse a colui che riceve.

Una volta che si viene ritenuti idonei e soprattutto sani, si potrà procedere con la donazione che è sicura, in quanto vengono usati materiali sterili e puliti, indolore e soprattutto veloce (circa dieci minuti).

Per incentivare e soprattutto per non danneggiare coloro che donano, la legge stabilisce che i donatori, nella giornata in cui si sottopongono alla donazione, sono esenti dal lavoro senza dover rinunciare alla retribuzione.

L’Italia che dona

Donare il sangue non costa nulla né in termini di prezzo né in termini salute, anzi. Il donatore è sottoposto ad un controllo continuo che non riguarda solo le visite contro le malattie infettive, ma anche esami più specifici che si focalizzano su reni e sul metabolismo per conoscere altri valori importanti del nostro corpo come il livello di glicemia o il colesterolo.

In Europa la donazione di sangue è un fenomeno in crescita, ma coinvolge soprattutto gli adulti, piuttosto che i giovani. Le donazioni sono all’ordine del giorno soprattutto in Austria ed in Francia, che da sole riescono a far fronte ad un valore che si attesta intorno al novanta percento del territorio.

Anche l’Italia fa registrare dei valori ottimi in quanto circa trecentomila persone, cioè l’ottanta percento di tutti i potenziali donatori, donano sangue con cadenza ordinaria spinti da un forte senso civico e culturale.

Nel mondo la situazione è completamente diversa ed in alcuni continenti la situazione è davvero complicata. Fanalino di coda è l’Africa, dove non si riesce a raccogliere nemmeno la metà del fabbisogno giornaliero, con gravi conseguenze soprattutto durante i parti che richiedono una disponibilità di sangue immediata.

La prigione più bella del mondo

Bastoy è un’isola appartenente ad un fiordo norvegese situato a circa settantacinque chilometri a sud della capitale Oslo. Fredda e coperta di neve d’inverno, fresca e avvolta dalla vegetazione d’estate, essa non è affatto una meta turistica, ma una vera e propria prigione.

Rispetto a quelle che siamo abituati a vedere è sicuramente un carcere atipico, non solo per la posizione geografica. Bastoy è un carcere senza celle, senza sbarre, senza filo spinato e senza guardie armate.

Qui la giustizia è basata sul rispetto e su un sistema dove pagare non significa per forza punire bensì rigenerare, rimettere sulla giusta via chi ha commesso un reato senza privarlo della libertà insita nella natura dell’uomo.

Il complesso dove la prigione è situata è formato da un edificio per lo staff, una chiesa, delle stalle e 88 case in legno che rappresentano le abitazioni dei detenuti.

Cittadini normali

I prigionieri vivono in un regime che può essere definito di libertà limitata. Non sono persone senza colpe ma sono comunque cittadini, persone considerate normali che, al di fuori della fascia oraria notturna dove devono restare in casa, svolgono una vita normale.

Per normalità non si intende scontare la pena senza far nulla, ma aver diritto ad una dignità ed un lavoro. I prigionieri possono infatti lavorare in cucina, coltivare i campi o allevare gli animali ricevendo per ogni turno una retribuzione di poco inferiore ai dieci euro a cui va aggiunta una quota di 25 euro settimanali destinata alle spese personali.

Finita la giornata lavorativa, i detenuti possono dedicarsi a diverse attività: dalle passeggiate alla pesca, dalla lettura allo sci di fondo. Ai detenuti è offerta anche la possibilità di studiare presso la vicina città di Horten, in modo da raggiungere il livello di istruzione scolastica minima o per portare a termine una carriera universitaria bruscamente interrotta dall’avvento di criminalità e violenza.

Una formula vincente

Al rispetto per la persona, in questa prigione si affianca il rispetto per l’ambiente. Oltre a consumare cibo dell’isola, la abitazioni sono costruite e riscaldate solamente con legno raccolto dagli stessi detenuti, la terra viene lavorata non con macchinari moderni, ma sfruttando il movimento dei cavalli e gli spostamenti non avvengono con la macchina, ma esclusivamente con biciclette che i prigionieri acquistano con i risparmi frutto del loro lavoro.

Per essere ospitati in questo carcere, che accoglie 115 persone, sono richiesti dei parametri da rispettare, come l’aver scontato la quasi totalità della pena, ma soprattutto la volontà di crescere, migliorarsi e guardare al futuro con un occhio positivo e fiducioso.

Il processo di reintegrazione nella società non finisce una volta che si lascia questo posto in quanto l’ex detenuto viene guidato nella ricerca di un lavoro e di una sistemazione stabile in modo da azzerare il rischio di un reinserimento fatto di povertà e disoccupazione.

Una politica nuova, facilitata dalla risorse di un paese ricco non solo economicamente, ma anche sotto l’aspetto umano. Una soluzione quindi non solo bella, ma soprattutto funzionante visto che, secondo i dati ufficiali, circa l’85% di coloro che hanno abitato a Bastoy non saranno più recidivi.

Conosciamo l’antica arte, quella del bucato

Un tempo non esisteva né la lavatrice né l’asciugatrice. I vestiti si lavavano a mano attraverso l’uso di un contenitore in legno, chiuso con un tappo all’estremità, dove i panni venivano posti prima di essere risciacquati.

Da qui nasce il termine bucato, che oggigiorno rappresenta esclusivamente il lavaggio della biancheria con detersivo ed acqua calda. Ma non è sufficiente una lavatrice ed un sapone per fare un buon bucato: ci sono delle regole e degli accorgimenti ben precisi che fanno di questa attività una vera e propria opera d’arte.

Per fare un buon bucato non basta infatti conoscere il significato delle etichette. Non è sufficiente sapere che se il disegno ripropone una vaschetta vuota deve essere adottato un programma delicato mentre un triangolo vuoto da la possibilità di usare candeggina. Ci sono infatti delle regole pratiche da tenere in mente che facilitano le operazioni ed evitano soprattutto di rovinare i vestiti.

Preliminari e accortezza

La prima operazione riguarda la divisione dei capi che voglio lavare. La regola che tutti conosciamo è quella di separare i bianchi dai colorati per la caratteristica che i capi bianchi hanno di attirare e assorbire i colori.

La soluzione non riguarda solo i chiari dagli scuri, ma anche saper riconoscere la biancheria più pulita che si può lavare con acqua tiepida come asciugamani e lenzuola, dai capi più sporchi come pantaloni e tute che richiedono una temperatura più alta.

Normalmente la temperatura che rappresenta un buona opzione è quella che si attesta sui 40 gradi. Fanno eccezione i vestiti scuri e soprattutto quelli sintetici, che preferiscono una temperatura di 30 gradi.

Prima di procedere al lavaggio è meglio compiere delle semplici operazioni preventive. È importante controllare le tasche e svuotarle da tutto ciò che può rovinare la lavatrice come oggetti, chiavi, fazzoletti di carta e monete.

Ricorda anche di lavare al rovescio pantaloni e magliette con delle grafiche: questo ti permetterà di evitare spiacevoli sorprese. Dopo di che, si può procedere con l’inserire i panni nel cesto.

È giusto riempire sempre la lavatrice per evitare di sprecare acqua ed elettricità ma, al fine di far girare il cesto della lavatrice correttamente, è sbagliato e controproducente riempirlo troppo. Il compromesso va anche trovato con la quantità di detersivo che non deve essere eccessiva per consentire un lavaggio perfetto che non lascia sapone residuo.

Per un bucato fai da te

Il bicarbonato, polvere inodore importante per le sue proprietà antisettiche, può essere aggiunto al bucato per un’ulteriore pulizia e per un’azione deodorante contro i cattivi odori. È anche consigliato effettuare a cadenza mensile una lavatrice a vuoto con solo carbonato ed acqua per igienizzare la macchina ed evitare la formazione di detriti calcarei al suo interno.

Per quanto riguarda l’ammorbidente, oltre a quello tradizionale in vendita nei supermercati, posso optare per delle soluzioni fai da te. Esso può essere infatti sostituito da aceto di mele o una soluzione di acqua mista a acido citrico e olio di agrumi.

Ricorda inoltre di evitare il lavaggio a 90 gradi in quanto poco ecologico e molto dispendioso in termini di acque ed energia. Non ti resta che lavare, stendere i panni ed asciugarli all’aria aperta.

Un origine antica: le lenti a contatto

Progressive,giornaliere, annuali e mensili. Sono le lenti a contatto, quei dischetti di plastica trasparente da applicare sulla cornea degli occhi per correggere i difetti della vista come miopia, astigmatismo e ipermetropia.

Per risalire ai primi studi che hanno come oggetto le lenti a contatto, dobbiamo tornare indietro al sedicesimo secolo, quando Leonardo da Vinci cominciò ad approcciare l’argomento attraverso l’analisi del contatto tra cornea e acqua.

Il processo fu lungo e portò alla nascita di lenti moderne solo alla fine del ventesimo secolo, anche se esse erano ancora fatte di una materiale più simile al vetro che alla plastica. Agli inizi degli anni Settanta le prime lenti a contatto morbide così come le conosciamo noi in plastica fecero l’ingresso sul mercato ed ebbero fin da subito un enorme successo.

La maggior parte di quelle in commercio sono costituite da un materiale traspirante e morbido detto “idrogel”, una sorta di silicone trasparente che permette al’occhio di restare fresco e pulito.

Comodità ed estetica

Hanno lo stesso principio e svolgono esattamente il ruolo dell’occhiale, ma sono più comode e più duttili. La comodità è data dal fatto che una volta che la lente viene sistemata con il dito sopra la cornea, essa tende a posizionarsi stabilmente a contatto con il liquido lacrimale, e quindi si sposta a seconda di dove guardiamo, a differenza degli occhiali, la cui montatura è fissa e ci da un campo visivo più limitato.

Per la loro praticità le lenti sono usate anche per fare sport, evitando così che il sudore consenta all’occhiale di scivolare e scendere. Tra le regioni del successo c’è anche una questione estetica di tutte quelle persone che non riescono a sopportare l’occhiale e vedersi con una montatura che sembra pesante, ingombrante ed un vero ostacolo per la vista.

Il progresso tecnologico nel campo ha portato allo sviluppo di lenti di vario genere. Esistono lenti a contatto giornaliere, lenti usa e getta da utilizzare per tutto l’arco della giornata prima di gettarle.

Ci sono lenti quindicinali, che possono essere tolte prima di andare a dormire per poi essere rimesse il giorno seguente, per un totale di circa due settimane. Infine esistono lenti ad uso prolungato, che seguono lo stesso meccanismo delle precedenti, ma per un periodo più lungo, di solito un mese.

A queste tre tipologie, ci sono lenti senza fini medici, ma esclusivamente estetici che possono cambiare il colore dei tuoi occhi, verdi o azzurre le più gettonate.

La salute in primis

L’occhio è una parte del corpo delicata e soggetta ad infezioni, allergie ed arrossamenti. Per questo, prima di procedere all’acquisto, è necessario rivolgersi ad uno specialista per un esame della vista.

L’oculista ti saprà infatti dire e consigliare sulla migliore tipologia da usare. Se la maggior parte della gente non ha problemi nell’uso delle lenti, l’uso delle stesse è sconsigliato a quei pazienti predisposti a infezioni o caratterizzati da un occhio troppo sensibile.

Una volta che si ha il via libera del medico, basterà solo tenere in mente le principali norme di igiene e pulizia, ricordandosi di rimuoverle prima di andare a dormire.

FAI: a difesa del patrimonio italiano, dal 1975

Il FAI, acronimo di Fondo Ambientale Italiano, è un’associazione culturale senza scopo di lucro che ha come obiettivo la valorizzazione, la conservazione ed il restauro del patrimonio culturale italiano.

Inoltre la fondazione ha l’obiettivo di avvicinare gli italiani verso l’amore per gli usi, le tradizioni e la cultura del nostro Paese. Per raggiungere questo scopo, ci si basa su un’attività di sensibilizzazione e promozione delle ricchezze italiane che coinvolge non solo cittadini ed aziende private, ma anche gli studenti di scuole superiori ed università italiane.

Il Fai non è stato il primo ente in Europa ad occuparsi della tutela del patrimonio culturale, ma il primato va al National Trust for Places of Historic Interest or Natural Beauty, organo fondato nel 1895 con l’obiettivo di conservare e promuovere l’arte e la cultura del Regno Unito.

La figlia del famoso filosofo italiano Benedetto Croce, Elena, riprese l’idea britannica e costituì il FAI nel 1975. Oggi il FAI ha sede a Milano e può contare su 116 delegazioni che assistono ed implementano localmente le iniziative prese a livello nazionale.

Primavera sinonimo di cultura

Una delle più importanti iniziative sono le giornate FAI di primavera che si svolgono a cadenza annuale nel mese di Maggio. Nata nel 1993, consiste nell’apertura al pubblico di migliaia di luoghi che solo raramente sono accessibili ai cittadini.

Un evento per tutti coloro che amano l’arte e la storia della propria terra e che hanno la possibilità di arricchirsi culturalmente senza pagare nulla, dato che tutte le visite sono completamente gratuite.

Le giornata di primavera si estendono per due giorni consecutivi duranti i quali si possono visitare palazzi, castelli, ville, parchi, giardini, rocche, chiese, per un totale di quasi mille beni nel territorio italiano che aprono in via eccezionale solo per questo weekend.

Sono coinvolte 380 località e un totale di trenta mila ragazzi, studenti delle scuole medie che fungono da guida durante la visita dei luoghi in questione.

Non solo gli adulti

Ormai queste giornate di primavera sono un appuntamento fisso per milioni di persone che, spinte dalla fame di cultura, si spingono verso i loro luoghi d’interesse situati in grandi città e piccoli borghi.

Non solo italiani, ma anche cittadini e turisti stranieri possono beneficarne e partecipare in quanto, in circa 50 città, le visite sono tenute anche in lingua, un modo interessante per promuovere le nostre ricchezze anche al di fuori dei confini nazionali.

La giornata di primavera del FAI è senza dubbio un’ occasione speciale non solo per gli adulti, ma anche per le famiglie ed i propri figli. È qui che si può cominciare ad avvicinare i giovani verso la cultura, verso la cura e l’attenzione per il territorio dove viviamo e dove loro cresceranno.

È qui che si può diventare cittadini più maturi, più consapevoli e più rispettosi dell’ambiente. Un processo lungo che parte da lontano e avrà i suoi frutti nella continuazione di queste iniziative che sono fondamentali per la conservazione di un Paese di cui dobbiamo andar fieri.

Zika, minaccia odierna

Dopo l’ebola, la Sars e l’influenza suina è oggi il turno di una nuova epidemia che minaccia la salute della popolazione mondiale generando malattie e malformazioni, la Zika. L’epidemia prende il nome dal luogo dove il primo caso venne registrato nel 1947, la foresta Zika, nello stato africano dell’Uganda.

Portatore di questa epidemia è una zanzara appartenente alla famiglia delle Aedes. La zanzara non è di per sé pericolosa ma, se acquista il virus pungendo una persona infetta, diventa portatrice del virus che inietterà poi in un altro essere umano con la puntura.

Se i normali sintomi sono registrati in febbre, dolori alle ossa, arrossamenti della pelle e infezioni agli occhi, la situazione cambia quando a contrarre la Zika sono donne con bambini o donne incinte. Non basterà più un semplice ricovero in ospedale fatto di riposo assoluto e all’assunzione di molti liquidi poiché le conseguenze saranno ben diverse e molto più serie.

Danni celebrali e neurologici

Secondo gli esperti infatti, se una donna in dolce attesa viene contagiata, non solo subirà delle conseguenze a livello neurologico, ma ci sono seri rischi di arrecare danni sul feto in termini di malformazioni dello stesso.

Sono sempre di più i casi di neonati che muoiono appena dopo la nascita o di bambini che, pur riuscendo a salvarsi, sono caratterizzati da disabilità o danni mentali. La patologia più diffusa è la microcefalia, uno sviluppo innaturale del cervello che fa nascere un bambino con una testa più piccola del normale.

I medici sostengono anche che il virus può essere trasmesso in altri modi e non esclusivamente dopo esser stati punti. Si registrano infatti casi di Zika che sono stati trasmessi attraverso rapporti sessuali, attraverso trasfusioni di sangue infetto o con l’allattamento di donne che lo hanno contratto in un secondo momento rispetto al parto.

Prevenire è meglio che curare

Nei cinquanta anni successivi alla scoperta, il virus ha causato solo epidemie di breve durata e lieve intensità che si limitavano al continente africano, salvo alcuni casi sporadici nel sud est asiatico. Un virus quindi che si era riusciti a tenere sotto controllo finché nel maggio del 2015 sbarcò in Brasile, contagiando nel giro di poco tempo quasi due milioni di persone.

Dal Brasile il virus non si è fermato e si è invece trasformato in una vera e propria epidemia che coinvolge ora tutta l’America Latina e le isole caraibiche per un totale di ventiquattro Paesi interessati. Il Paese più colpito, dopo il Brasile, è la Colombia.

I due Stati altro non hanno potuto se non contrastare la riproduzione della zanzara Aedes attraverso una bonifica delle zone paludose. Dal momento che non esiste un vaccino per prevenire la malattia, è essenziale munirsi delle misure che attuiamo contro le punture di insetti.

Sarebbe preferibile, soprattutto quando ci si reca in paesi “a rischio”, di vestire pantaloni lunghi e maglie a maniche lunghe, per diminuire la percentuale di pelle esposta. Per le zone che non possono essere coperte, è bene utilizzare uno spray per le zanzare, da applicare in media ogni sei ore per una protezione efficace. Per le donne in gravidanza è naturalmente sconsigliato viaggiare nei Paesi in cui l’epidemia è più diffusa.